Didone prende lo stile, e volendosi uccidere, Enea appoggia la spada a terra, ponendosi la punta al petto in atto pure di. ucciderfi, e Didone vedendo ad Enea in atto di ucciderfi, sospende di svenarsi En. Ed io tecomi (veno. Did (Oh Cieli!) Enea, che tenti?i En. O cedi il ferro, ò sul' acciar mi lascio. Did. Trema il braccio già cedo. Sei contento? butta lo ftile En. Anzi godo. ripone la spada al fianco Del tuo falvo periglio, Deh riserbati in vita, e squarcia il foglio Per quei primieri affetti, Che trafiffero in noi l' anime, e icori Did. (Ancovince coi prieghi i miei furori) Porgilo, che più brami? 7 Didone prende il fcritto dalle mani di Enea, e lo lacera in pezzi Nell'amor, nello sdegno Tu sempre del mio cor trionfi o indegno En. Pur, che in pace ten vivi E lieta godi al nuovo foglio i giorni, Non curar più d' Enea, Jarba in conforte Sce Scegli per mio tormento - E da triegua al tuo duol Did. Roder mi sento. tra fe con rabbia En. Dammi concedo, addio, di mia partita Sallo il Ciel se mi duoles què Didone dolorosa guarda in terra. In lasciar te, che fosti Tu, che sempre farai.. Did. Perfido menţi languida interrompe ad Enea En. Al fin convien, ch'io parta, e sospirate Ti dia l' ultimo addio. vuol partire ed effsa lo ferma Did. Ferma le piante. M'abbandoni! En. Il piede al lido Porto è bella. Did. Amante infido! En. Resta in pace, e dimmi addio. Questa è fè! En. Volto adobato Ens Lafciol' alma, ed il cor mio. Quando parte Enca Didon di die- Did. Didone dobrofa guardando quasi per- EP Sil. (Partenza amara! Ainarmi, e poi tradirmi! Ded. Mostro peggior di Enea l'ircana selva Dimmi produffe mai Si Sil. Tempra Tempra la doglia, e rafferena i rai Did. Or Son troppo mifera; Oh Dio d'amor. Mi crucia un barbaro: Mi manca un perində SCENA XI. Silene di Silene in vano De dispiega opriti Che il rio deftino infido 1 Il ballamo rubbò del tuo cupido. La face d' Amore, Che brugia ogni core, Per me fi Imorzo. L' alma mia non ha più pace; Perche ogn'attro empio,e fal'ace COR Tre mila giuramenti, Che Lucilla per me vive in termenti. Vuò rilegger la carta Che mi mandò poch' anzi. (legge), Caro Melisso mio bello, e robusto Luc. Se riesce la burla, io ci hò gran gufto. Oggi se per tua moglie mi vorrai; A liberar verrai me dagli insulti D'un Zerbino scortefe Mel. Che tutto il dì con indifcreto ardire Mi tien le poste in casa, Ne da cantera a fala jo posso uscire Di mille, e forse più non ho paura (cio Sembrano al mio furor tronchi insensati. Vuo punire il traditore, Vuờ, che assaggi il mio furore Vuò sfidarlos Difarmarlo, Poi più calci gli dard, A Gra mimetto in pofitura, Giá mi fento tal bravura Che Che in mirarlo, Luc. Ettore,e Achille ancor temer dovriano A sì Ardite minaocie Or la prova vuò fare, Che con torva occhiatura io lo rimiro. Mel. Ohimè; quest' è l' amico io mi ritiro Luc. Si fermi io saper bramo A qual fin fia venuto in casa mia, Mel. Non sapevo Signore, Che y'albergava qui Vossignoria Luc. E valoroso in vero! aspetti un poco E' troppo scortefia Non dirmi lei, che vuol? perche non resta? Mel. La casa, che ricerco, eh non è questa. Luc. (Vuò farlo ingelofire) Io sò, che lei Signore Quà viene per Lucilla. Mel. Ha fatto crrore, To ne men la conosco, Luc Buggiardo à me lo nieghi? Vorrò svenarti or' ora Snuda la spada Denuda il ferro, e vieni meco all' armi, Mel. Oime, che mal destino! oh via & fermi Ch'io non hồ volontà di cimentarmi. Loco ten vieni all' assalto, ò ch' io t'uccido |